quel non so che d'indomito che ci portiamo nel sangue, nero ribollente come vino, noi Bergamaschi che ribaltiamo il tavolo per troppa purezza, per la nostra saggia ignoranza, ingenuità di una stirpe contadina, dal viso troppo schietto per osannare lo scaltro vincitore.
mani forti, piedi grandi, cervello fino, ma condanna di questa tempesta che abbiamo nel sangue!
sarà per questa terra smisurata, totale, priva di limiti. una linea, la pianura.
una retta che continua ostinata ad affermare se stessa, la terra che avanza.
lunga verde linea, sconfinata come il mare, come l'anima mia che non sa annegare senza lottare, senza insultare, che sempre e comunque non sa farsi bastare.
6 marzo 2008
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