21 giugno 2008

_living

Ritorno

Grigio.
Mi rimbalza nelle mani la polvere, il gesso che non mi abbandona, ma che invecchiato è diventato sporco.
Grigio.
Mi impasta la bocca, sulle rotaie di un treno storto. Penso al colore, alla sua conformazione sulle mie mani calde e indaffarate, penso al suono e al movimento della lingua che si sforza di digrignare il suo sapore.
Strano colore.
Indecifrabile, completo, complementare di se stesso… il Grigio è uno che sta in piedi da solo, “e chi lo ammazza a quello?” è un tizio inappuntabile, imprendibile, il più pulito e ordinato, quello che si alza la mattina e ha già la riga pronta, perfetta.
Eppure questa polvere si sforza di raccontarmi dell’altro, forse di una caduta, di una lenta trasformazione, di un movimento lento e irriducibile che sa di tempo, di storia, memoria.
Mi racconta di una disillusione, di un vento che si conta le ore, che è stanco ma che fa ancora volare, come incattivito, la tenda del mio scompartimento lanciato lento nel pomeriggio affondato in un rosso lagunare.
Manca il mare, solo ancora polvere.
Adesso però il panorama è cambiato è verde è terra, fuori dalla città e dai suoi muri grondanti fatica.
Ma non riesco a scrollarmi di dosso la sua infinita minima variazione, il suo lento decadere.
Il grigio mi lancia richiami e catene.
Io non voglio rispondere, taglio corto, ma so che esiste anche una mia responsabilità per quella caduta che innalza piani anonimi in lontani quartieri industriali, e lascia soli bambini fra palazzi troppo pieni.
Penso che forse bisogna svuotare, polistirolo bianco per poter colorare.
Penso che abbiamo bisogno di un luogo dove riappropriarci di tutta la scala dei colori, di capire il nostro e ascoltare i vari toni, la loro consistenza… in fondo di una comunità ritrovata in evidenza.

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