16 dicembre 2011

L’ottava elegia

di Rainer Maria Rilke

Dedicata a Rudolf Kassner




Con tutti gli occhi vede la creatura

L’aperto. Soltanto i nostri occhi sono

Come rivolti indietro e messi intorno ad essa come trappole, intorno al suo libero fine.

Quello che c’è fuori, noi lo sappiamo solo

Dal viso dell’animale; noi già voltiamo

Il bambino e lo costringiamo a vedere all’indietro la forma, non l’aperto, che

È così profondo nel volto dell’animale. Libero dalla morte.

Noi solo lo vediamo; il libero animale

Ha sempre il tramonto dentro di sé

E davanti a Dio, e quando vaga, vaga

Nell’eternità, così come vanno le fontane.



Non abbiamo mai, neanche un solo giorno,

lo spazio puro dinanzi a noi, nel quale i fiori

s’aprono infiniti. Sempre è mondo e mai

il Nessunluogo senza il Nulla: la purezza,

l’incostudito, che si respira e si sa infinita

e si brama. Quando si è bambini ci si perde

nel silenzio una volta e si è sconvolti. Oppure

quello muore ed è.

Ma vicino alla morte non si vede più la morte

E si guarda fissamente fuori, forse con grande

Sguardo d’animale.

Gli amanti, non per altro forse, sbarrerebbero

Lo sguardo, e vicino a questo stupirebbero…

Come per svista è a all’uno aperto l’altro…

Ma oltre lui nessuno va, e di nuovo il mondo

È per lui.

Rivolti sempre alla creazione, noi vediamo soltanto di lei l’immagine riflessa di un atto

Libero, da noi oscurata. O che un animale,

uno muto, sollevi quietamente lo sguardo

verso di noi.

Questo si chiama destino: essere di fronte

E nient’altro che sempre essere di fronte.

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